“QUELLA VOLTA CHE MARIO MANDZUKIC…”

Intervista rilasciata all’apprendista tifosa Silvia Sanmory, che ringrazio sentitamente,  per il suo splendido e gradevole blog SILVIA NEL PALLONE. 

 

“La fotografia è una breve complicità tra la preveggenza e il caso”
(John Stuart Mill)

Una complicità.

Ma anche un incontro fortuito e spesso furtivo.

Travolgente.

E’ proprio il termine più appropriato se si rischia di essere (letteralmente) travolti da un certo Marione…

Ma andiamo con ordine.

Francesco Di Leonforte è un fotografo free lance che vive in Romagna.

L’obiettivo è la sua passione.

Nel suo portfolio figura l’immensa bellezza della Natura, il fascino di borghi storici arroccati, i sensuali movimenti che l’anima esprime con la danza.

Ma soprattutto lei, la Vecchia Signora del calcio italiano. Infatti Francesco da tempo si occupa anche di immortalare la Juventus, la sua squadra del cuore, in campo durante le partite.

Durante la nostra chiacchierata gli chiedo se è nata prima la passione per la fotografia o quella per i colori bianconeri. 

“Mi sono appassionato alla Juventus  – mi spiega –  sin dai primi anni di vita quando mio padre e gli amici, la domenica pomeriggio, ascoltavano la mitica radiolina con le voci inconfondibili di Ameri, Ciotti e Bortoluzzi in diretta dallo stadio; in quegli  anni abitavamo in Svizzera, a Martigny, e ricordo che in realtà la radio la si andava ad ascoltare in un punto preciso, dove c’era più segnale,  per cui eravamo soliti darci l’appuntamento al palo…
Erano anni in cui si scherzava bonariamente sulle proprie squadre del cuore, io Juventino, mio padre Interista…
Tornato in Italia da ragazzino ho iniziato a vivere il tifo con il Cesena, la domenica andavo in bicicletta allo stadio, anche sotto la pioggia.
Per quanto riguarda la fotografia ricordo i primi esperimenti in camera oscura, ai tempi delle elementari, e quanto ne rimasi colpito.
Ricordo ancora con una certa emozione la mia prima Reflex acquistata con i risparmi di alcuni lavoretti estivi.

Diciamo che quale passione sia nata prima non saprei bene dettagliarlo, sicuramente sono cresciute insieme parallelamente fino a convergere in età adulta”.

Tra uno scatto e un gol ci sono similitudini a livello emozionale?
 
“Il gol della propria squadra è sempre un emozione particolare – mi dice – un misto di gioia e compiacimento; e alcune volte queste caratteristiche si mescolano con la soddisfazione di aver ripreso nel modo giusto l’azione; spesso capita però che la velocità, l’azione caotica o altri fattori non permettono di raggiungere questo massimo risultato sempre ambito…  rimane comunque la soddisfazione della rete segnata dalla propria squadra, anche se pur essendo a bordo campo non vedo quasi mai la palla gonfiare la rete”.
Come sei arrivato a fotografare la Juventus e in cosa consiste nello specifico questa tua attività?
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“Ho seguito tutto l’iter specifico per essere autorizzato ad immortalare la squadra.
Del resto la mia attività di fotografo si svolge prevalentemente a livello sportivo come free lance agganciato ad alcune agenzie del settore.
In maniera prevalente seguo il calcio, in particolare la squadra locale del Cesena collaborando al sito tuttocesena.it.
Seguo anche il calcio femminile con il Ravenna Woman, la pallavolo, lo judo, la danza per testate giornalistiche locali.
Ovviamente tutte le volte che mi è possibile sono all’Allianz Stadium a seguire la Juventus, anche in trasferta, e le mie immagini vengono utilizzare da testate on line come juventino vero, juveastrestelle, stellebianconere”.
Non solo: le immagini di Buffon, Dybala, Higuian e soci sono finite su alcuni libri dedicati alla Juventus, come quelli di Roberto Savino (nome noto anche sul mio blog).
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Emozioni vissute fotografando in azione i fuoriclasse bianconeri?
“Le emozioni sono sempre forti nel seguire i propri beniamini a bordo campo ma col tempo ho imparato a controllarle.  
Ammetto che nelle due ultime semifinali di Champions League queste hanno preso il sopravvento, rischiando di compromettere a tratti le immagini prodotte.
Allo Stadium la mia postazione, confinata dietro ai pannelli pubblicitari, è sempre scelta dove c’è poca densità di colleghi per avere immagini da un punto di vista diverso e particolare.
Così è capitato di vedere esultare e riprendere Borriello davanti a me, unico fotografo in quella zona, proprio in Cesena – Juventus, partita resa famosa dal fantomatico pareggio dei bianconeri romagnoli.
Un altro momento che ricordo con piacere è stato quando costretto da uno zelante steward alle prime armi a non lasciare la mia postazione sono riuscito comunque a produrre una foto significativa che è diventata la copertina di “Travolgenti” di Roberto Savino.
Ma l’emozione più diciamo quasi impattante l’ho avuta quando Mario Mandzukic, dopo il gol contro lo Sporting Lisbona a pochi minuti dal termine, è venuto ad esultare dalla mia parte, scavalcando i pannelli pubblicitari e quasi investendomi… e Marione, come si sa, non è proprio di dimensioni contenute!”.
Cosa significa per te essere tifoso della Juventus?
 
“Essere juventino è difficilmente descrivibile;
essere  juventino significa avere una passione sin da bambino, la prima vera forma di passione per qualcosa nella vita, quel qualcosa che non andrà più via, da sostenere per sempre;
essere juventino significa avere il sangue bianco e nero che scorre nelle vene essere juventino significa sentire il cuore battere a mille e stare lì a guardare la favola più grande, la storia più bella, la leggenda più incredibile…
essere juventino vuol dire amare la propria squadra, appoggiarla nella sconfitta ed esaltarla nella vittoria;
essere juventino è un onore e un privilegio.

Vivere una tale passione è complesso, soprattutto negli ultimi anni in cui l’atmosfera si è surriscaldata, un po’ per le continue vittorie, ma quello che rimane è la soddisfazione personale di vivere le emozioni…”.

Perché nel calcio, in fondo, si è “catturati” esattamente come avviene con una fotografia d’autore…

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